QUARTA DOMENICA DI PASQUA – C
«Suo popolo e gregge del suo pascolo»
62ª Giornata mondiale di preghiera per le Vocazioni
Tema: “Pellegrini di speranza: il dono della vita”
- Il dono della salvezza in Gesù ha valore universale, è destinato a tutta l’umanità, tende a unire l’umanità in una sola famiglia. Alla base di questa promessa sta la relazione di Gesù con il Padre: l’unità dei “suoi” viene da Gesù presentata ad immagine dell’unità tra lui e il Padre. E’ lo scopo della sua vita. Il Vangelo annunciato a ciascuno invita tutti a scoprire le vere sorgenti della vita in Gesù. Nessuno potrà strappare dalla sua mano chi si affida a lui, chi lo segue, perché egli è una cosa sola con il Padre. Riconoscere Gesù in ogni essere umano, al di là della razza, della condizione sociale o di altri elementi differenzianti, è la base del monoteismo cristiano, perché questo riconoscimento ci rinvia all’unico Padre.
- Nella Quarta Domenica di Pasqua Gesù si presenta “Pastore-Agnello”, colui che, avendo dato la sua vita per le pecore, ha il potere di dare loro la vita eterna e di affidarle alla mano amorosa del Padre. E’ lui che ci raduna per fare del suo popolo un unico gregge. Ascoltando la sua voce, stringendoci a Lui, vivendo da figli di Dio, scopriamo il vero senso della nostra vita.
- Il rapporto tra Pastore e il suo gregge corre lungo le vie della storia e mostra la qualità della vita nuova come vita secondo la Pasqua. L’incontro con il Risorto è fonte della missione della Chiesa chiamata a misurarsi con cambiamenti, prove e persecuzioni che non appaiono come limitazioni ma come tempi e luoghi in cui mettersi in ascolto della voce del Signore e assumere la logica della Passione come ingresso nella comunione col Padre da cui viene ogni fecondità e ricchezza.
- Gesù ci conosce con il cuore: il pastore è in ansia quando anche solo una pecora si perde (Mt 18,12-14; Lc 15,4-7). Gesù espone sé stesso alla vulnerabilità del tradimento perché gli uomini non sanno (conoscono) quello che fanno (Lc 23,34).
- Il dono della vita eterna è il tema della Liturgia della Parola odierna, il quale ispira il cantico di giubilo dell’antifona di inizio. Ciascuno oggi può sentirsi pieno di gioia e di esultanza pasquale perché, al di là delle situazioni più tristi e sconcertanti dell’esistenza terrena, sa che la bontà di Dio si rivolge personalmente ad ognuno e a tutti, senza distinzione e senza limiti. E’ quanto viene annunciato dal racconto degli Atti degli Apostoli: poiché la comunità si dimostra chiusa e incapace di accogliere la “novità” del Vangelo, la Parola di vita si diffonde per altre vie, superando barriere razziali e nazionalistiche; i pagani l’accolgono e diventano così partecipi della vita eterna. Hanno ascoltato la voce del Pastore e lo hanno seguito, perciò sono pieni di gioia e di Spirito Santo. In lui già vivono l’esperienza di una “vita eterna” non proiettata esclusivamente nel futuro o nell’aldilà, ma già ora in via di attuazione.
- La visione dell’Apocalisse ci presenta l’esito finale del progetto di Dio per tutta l’umanità. La «moltitudine immensa» testimonia l’universalità della salvezza che l’amore dei Padre offre in Cristo-Agnello, a tutti gli uomini. E’ la realizzazione di quanto veniva annunciato nella Prima Lettura: «Io ti ho posto come luce per le genti, perché tu porti la salvezza sino alle estremità della terra». Ed ecco, l’immagine dell’Agnello si evolve in quella del Pastore, guida di una umanità completamente rinnovata nel suo modo di essere davanti a Dio: una umanità trionfale e gloriosa, in un mondo nuovo dal quale sono scomparse sofferenza e lacrime. Utopia?… Illusione?… E’ la Chiesa vista nel suo compimento finale, che sta davanti a noi come punto di arrivo, ma anche come progetto a cui deve conformarsi e configurarsi ogni Comunità cristiana nel suo cammino verso la pienezza, nella continua dialettica tra il già e il non ancora.
- Cristo risorto è il nostro capo, pastore e guida; egli ci ha preceduto nella via che conduce al Padre e in lui tutto il suo corpo, che è la Chiesa, ha già raggiunto la pienezza della vita eterna e divina. Di questa realtà è anticipo e annuncio l’assemblea eucaristica. Come la «moltitudine immensa» siamo riuniti attorno all’Agnello, dal suo sangue siamo oggi salvati e purificati; partecipando all’azione liturgica siamo il vero santuario dove si celebra la lode eterna di Dio e, nello stesso tempo, prestiamo a lui il nostro servizio sacerdotale. Allora, l’Agnello diventa il nostro Pastore e ci conduce alle acque della vita che ci sono offerte alla mensa della Parola e del Pane. L’assemblea liturgica diventa così segno dell’assemblea gloriosa del cielo e il suo orizzonte si apre ad abbracciare tutti gli uomini chiamati al medesimo destino di salvezza e di gloria. La realtà e la verità di questo “segno” devono però essere sperimentabili anche nella vita della comunità: una comunità non gelosa delle proprie tradizioni e chiusa nelle proprie sicurezze, quale si è dimostrata la comunità di Antiochia, ma aperta alla “novità” del Vangelo, orientata verso la realtà definitiva del “mondo nuovo” attraverso l’impegno quotidiano di un umile e paziente sforzo di rinnovamento. In concreto, l’amore fedele e invincibile promesso da Gesù-Pastore nel Vangelo deve essere lo stesso amore che circola con spirito di reciprocità fra tutti coloro — pastori e fedeli — che compongono la Comunità. Si tratta di ricercare insieme il modo più adeguato per mettersi al servizio del Vangelo e realizzarlo secondo le esigenze e le situazioni del mondo attuale; concordemente devono dimostrarsi aperti ad accogliere ogni fratello, ogni uomo che faccia appello al loro aiuto o venga a portare un annuncio di novità evangelica. Insomma, come veri discepoli di Gesù-Pastore, tutti i membri della Comunità sono chiamati ad essere “pastori buoni e fedeli”, impegnati a servizio degli altri, a procurare loro il bene e la gioia. La Comunità cristiana diventa allora testimonianza viva di un “mondo nuovo”. Né utopia né illusione; ma realtà che può e deve cominciare già adesso mentre l’umanità è in cammino per raggiungere la pienezza del suo destino di gloria nella liturgia eterna dell’Agnello.
- La Domenica del buon Pastore ci suggerisce di scoprire nella Liturgia odierna un aggancio con la celebrazione della Giornata mondiale di preghiera per le Vocazioni, voluta dal grande Papa S. Paolo VI, in coincidenza con la Quarta Domenica di Pasqua e da allora arricchita sempre di particolari esortazioni e messaggi che partono dall’ansia pastorale del Pastore della Chiesa universale. Dio non abbandona il suo gregge, ma, per mezzo degli Apostoli e dei loro successori (e di tutti i chiamati ai diversi livelli: sacerdotale, diaconale, nei ministeri e nella speciale consacrazione…), lo custodisce e lo protegge sempre e vuole che sempre lo governino quelli che Egli stesso ha eletti vicari del Figlio suo, costituendoli pastori. Duplice sarà l’azione nostra: di preghiera per le urgenti necessità della Chiesa perché il buon Pastore delle anime assicuri a lei una nuova e splendente fioritura di vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata; e di azione perché occorre un’azione di ricerca e di disponibilità effettiva e personale. Tocca all’umile gregge dei fedeli farsi carico dell’incremento delle vocazioni e del sostegno spirituale di chi già segue Cristo buon Pastore. Come? Con la fedeltà al nostro incontro personale con lui nella preghiera e riconoscendo la sua voce; con il nostro contegno verso i pastori della Chiesa e quanti li aiutano, vedendo in loro i suoi rappresentanti, seguendo le loro direttive, interessandoci dei loro insegnamenti, avvicinandoli con confidenza; con l’imitazione stessa di Gesù buon Pastore riconoscendo nei fratelli altrettante pecore del suo gregge, cercando le pecore perdute…
- Si potrebbe collocare oggi, se si ritiene opportuno e senza sovraccaricare gli spazi liturgici, un’immagine del buon Pastore in un posto ben visibile all’interno della chiesa, ornata con un’adeguata composizione floreale. Se tale immagine è posta presso l’ambone o comunque nel presbiterio sarà opportuno incensarla all’inizio della Liturgia.
- Si curi la “solennità” della Celebrazione, come già indicato nelle Domeniche precedenti: si sostituisca opportunamente l’Atto penitenziale con il rito di aspersione con l’acqua benedetta. Si usi l’incenso. La preghiera del Signore e dei figli di Dio sottolinei la richiesta dell’avvento del Regno come evento universale di giustizia e di pace. Il congedo esprima veramente l’invio in missione dentro le concrete situazioni della storia che hanno bisogno di luce, di redenzione, di speranza.
- Nella processione introitale venga intronizzato solennemente l’Evangeliario, così come al momento della proclamazione del Vangelo. Risulta opportuno ricordare oggi che l’Evangeliario e i Lezionari sono strumenti importanti della celebrazione cristiana, perché servono per proclamare ed accogliere la Parola di Dio. Devono, quindi, risultare belli e trattati con rispetto e non fogli o fotocopie: è Cristo che «è presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura» (Sacrosanctum Concilium, 7).
- L’ambone, assieme all’altare, costituisce il polo fondamentale di ogni celebrazione. È il luogo della Parola di Dio! L’importanza della Parola di Dio esige che vi sia nella chiesa un luogo adatto dal quale essa venga annunciata, e verso il quale, durante la Liturgia della Parola, spontaneamente si rivolga l’attenzione dei fedeli. Conviene che tale luogo generalmente sia un ambone fisso e non un semplice leggio mobile. Dall’ambone si proclamano le Letture, il Salmo responsoriale e il Preconio pasquale; ivi, inoltre, si può tenere l’omelia e pronunciare le intenzioni della preghiera universale. All’ambone non si accostino mai e per nessun motivo il commentatore, il cantore o l’animatore del coro!
- In una bacheca, posta alla porta della Chiesa o sul sagrato, possono essere esposte foto di consacrati/e, vocazioni della parrocchia-diocesi, missionari, monasteri di clausura locali…
- Può accadere che questa Domenica si sollecitino delle persone impegnate nella Chiesa a donare la loro testimonianza (seminaristi, religiosi/e e anche laici/che). Non si può trattare, comunque, di un’omelia: questa è riservata al Presbitero/presidente dell’assemblea liturgica. La parola di un testimone può essere collocata dopo l’orazione dopo la comunione. È evidente che l’omelia ne terrà conto e quindi sarà più breve. Colui che presiede può anche introdurre la testimonianza e, dopo di essa, pronunciare l’omelia. Proposte come queste, in ogni caso, devono decisamente rimanere “eccezionali”… da scoraggiare nelle azioni liturgiche. Meglio prevedere dei momenti a parte, magari nella settimana che precede tale Domenica o in quella che segue.
TESTI E MATERIALI
APPROFONDIMENTO
** Sussidio CEI ULN IV Domenica
SUSSIDIO-IV-DOMENICA-DI-PASQUA-2025
RITI DI INTRODUZIONE E DI CONCLUSIONE
** Suggerimenti: Suggerimenti IV Pasqua C 2025
** Riti di Introduzione con Atto penitenziale IV Pasqua C Riti introduzione con atto penitenziale
** Riti di introduzione con Aspersione (da prediligere) IV Pasqua C Riti introduzione con aspersione
SALMO RESPONSORIALE
** prima proposta, da Psallite
partitura Salmo IV Pasqua C Psallite
** seconda proposta, da Lodate Dio
partitura Salmo IV Pasqua C LD
** terza proposta, dal m° Impagliatelli
partitura Salmo IV Pasqua C Impagliatelli
PREGHIERA DEI FEDELI
** prima proposta IV Pasqua C Pdf 1
** seconda proposta IV Pasqua C Pdf 2
** terza proposta IV Pasqua C Pdf 3
** da Orazionale CEI Pdf IV Pasqua OR CEI