XXXIII DOMENICA
DEL TEMPO ORDINARIO – B
VIII Giornata Mondiale dei poveri:
La preghiera del povero sale fino a Dio (cfr. Sir 21,5)
Mentre attendiamo
la gloriosa manifestazione del tuo Figlio
- Si avvicina la conclusione dell’Anno liturgico. Dopo la solennità di Cristo Re dell’Universo, inizieremo il nuovo Anno liturgico e il tempo di Avvento. La fine e l’inizio dell’anno condividono la stessa tonalità e lo stesso tema: celebriamo la speranza nella vittoria finale del Signore. In questa Domenica, perciò, la Liturgia ha questa capacità di far apparire davanti a noi la verità della lotta finale tra le tenebre e coloro che appartengono alla luce. Possiamo accogliere questo forte messaggio di speranza e celebrare guardando al futuro. Si avvicina il anche l’inizio del Giubileo della Speranza: la Chiesa sente di essere chiamata nel mondo a parlare di questa indispensabile virtù divina. Della speranza si può dire ciò che Agostino diceva del tempo: so cosa sia fino a quando non mi si chiede di spiegarlo. Una vita senza speranza, però, è facilmente evidente. Ogni azione diventa priva di vita e forza se privata del suo rapporto al bene futuro. Al contrario, anche i periodi più difficoltosi, se abitati dalla speranza, diventano fertili. Il popolo di Dio ha riconosciuto il Signore proprio come fonte della speranza.
- In questa Domenica, nella Parola di Dio si mescolano e si contrappongono messaggi di vita e di morte, di luce e di tenebra, di angoscia e di speranza, di cielo e di terra. Lo sguardo nuovo che siamo chiamati ad assumere attraverso la fede è quello che ci fa rovesciare il punto di vista rispetto all’esperienza umana: dalla morte rinasce la vita, come ci mostra e insegna la vicenda pasquale di Gesù. Un ulteriore insegnamento-raccomandazione è compreso in questo annuncio: il nostro interesse non sia rivolto alla curiosità dei tempi e dei modi, che non possiamo conoscere finché non li sperimenteremo, ma sia orientato alla mèta luminosa che ci attende, per lasciarci attrarre da essa.
- Ancora la Parola di Dio ci invita a prendere atto di due realtà inseparabili tra di loro e indispensabili per noi: la fedeltà di Dio agli uomini e la fedeltà degli uomini a Dio. Guardando al momento finale del nostro cammino di fede e di speranza, la Liturgia odierna ci ricorda che Dio non abbandona alla morte i suoi figli, perché la vita eterna a noi promessa è il segno pieno e perfetto della carità di Dio per noi. Perché questo evento di grazia non sia solo enunciazione superficiale ma si manifesti come evento vitale, è opportuno recuperare i fili conduttori delle tre letture.
- La prospettiva che viene aperta dalla Parola di Dio genera speranza. Ma la speranza cristiana, che nasce dalla fede, non si esaurisce nella semplice attesa di qualcosa che soddisfi i nostri desideri effimeri. Essa orienta alle “realtà ultime”, a ciò che è essenziale e decisivo, per illuminare la nostra esistenza e donare significato al presente. Parla di “vita eterna”, che è condivisione della vita di Dio già da ora. L’attesa, dunque, può essere vissuta come resistenza al male e come perseveranza nella fede anche di fronte alle tribolazioni.
- Gli avvenimenti ultimi della storia dell’uomo e del mondo intero sono legati al mistero di Dio e del suo Cristo: il Signore è il primo e l’ultimo, il principio e la fine. Le realtà celesti fanno irruzione nella storia fin dal primo momento della rivelazione e sempre sono presenti. Sarà la venuta di Cristo a porre fine alle cose corruttibili e a deporre il germe di immortalità. Questa prenderà forma piena e definitiva con il ritorno glorioso del Signore alla fine di questo mondo. Nell’attesa, la Comunità cristiana, lungi dall’allentare l’impegno nelle realtà umane (lavoro, politica, società e famiglia), si immerge in esse al fine di elevarle e di trasformarle in “cieli nuovi” e “terra nuova”.
- II cristiano è un pellegrino su questa terra. Non è un cittadino, ma un esule in marcia verso la vera “Patria”. Egli considera la terra non come una dimora permanente, ma come la tappa di un viaggio. Per questo non vi costruisce una casa di solida pietra, ma solo una tenda, come il viandante che sosta nel deserto. Una interpretazione unilaterale ed ingiusta delle realtà umane (favorita, peraltro, da certa predicazione altrettanto unilaterale e miope) ha fatto sì che molti uomini del nostro tempo guardino con diffidenza alla religione cristiana, quasi fosse nemica del mondo, della vita, del progresso, dell’impegno umano; una religione di evasione, di disimpegno, di rinuncia passiva e vile; l’oppio che addormenta l’uomo e lo distoglie da ogni interesse verso la città terrena, facendogli balenare la promessa di un aldilà felice e illusorio. Diverso è, invece, il compito del cristiano nel mondo: «Il cristiano non è un evaso, al contrario un impegnato come persona nell’incremento, nella riuscita, nella salvezza del mondo. Sa che l’universo intero ha un solo principio di consistenza, di movimento, di fine: Cristo, perché “per mezzo di lui sono state fatte tutte le cose e in lui trovano la loro consistenza” (Col 1,16-18). Cristo è in tal modo il grande “Adunatore” che lavora nell’intimo delle anime e delle cose a tutto santificare, a tutto unire, a tutto consacrare alla gloria di Dio. Il cristiano si impegna volontariamente a questa gigantesca impresa, al suo posto, a suo tempo, con le proprie risorse. Non lavora da solo: collabora… Lavora con coraggio, perché la fatica è dura; con fede, perché il compito è misterioso e senza proporzione con le forze umane; lavora a far crescere l’universo e a far spuntare la nuova creazione attraverso il tra vaglio caotico e doloroso, pieno di speranza e di affanni, travaglio che non è, però, quello di un’agonia, ma di un parto» (J. Mouroux).
- Se Domenica scorsa eravamo invitati a misurare la nostra relazione con i beni, oggi la Liturgia ci induce a confrontarci con la storia. E lo fa muovendo il nostro sguardo in direzione del compimento. Non per impaurirci, ma per consolarci. Non per farci almanaccare su date e indizi premonitori, ma per farci vivere bene il presente: con la venuta di Cristo è già eternità, anche se il gioco del tempo continua, con regole nuove.
- C’è una consolante certezza che ci viene comunicata nella Liturgia di questa Domenica: il Signore, Crocifisso e Risorto, ritornerà nella gloria. A questo scopo potrebbe essere utile collocare un’icona della risurrezione o del ritorno glorioso del Cristo davanti all’ambone e collocarvi alcuni lumi o una composizione floreale adeguata.
- Meritano una particolare sottolineatura la Professione di fede: «E di nuovo verrà nella, gloria per giudicare i vivi e i morti… Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà», e l’anamnesi: «Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta». Entrambe danno il senso della tensione che caratterizza l’esistenza del discepolo.Si celebra oggi l’VIII Giornata Mondiale dei Poveri, istituita da Papa Francesco, che quest’anno ha come tema: La preghiera del povero sale fino a Dio (cfr. Sir 21,5). Si distribuisca opportunamente il messaggio del Papa per tale giornata a tutti i fedeli. Si preveda nella settimana che prepara o segue questa Domenica un incontro comunitario sensibilizzando tutti ad attenzionare le varie povertà (antiche e nuove… sempre più urgenti!!!) presenti nel mondo a partire dal territorio parrocchiale.
TESTI E MATERIALI
RITI DI INTRODUZIONE E DI CONCLUSIONE
** Sussidio per la Giornata mondiale dei poveri: Sussidio GMdP 2024 IT
** Riti di Introduzione con Atto penitenziale XXXIII TO B Riti introduzione
** Riti di conclusione XXXIII TO B Riti conclusione
SALMO RESPONSORIALE
** prima proposta, da Psallite
partitura Salmo XXIII TO B Psallite
audio
** seconda proposta, da Lodate Dio Salmo XXXIII TO B LD
** terza proposta, dal m° Impagliatelli
partitura Salmo XXXIII TO B Impagliatelli
audio
PREGHIERA DEI FEDELI
** prima proposta XXXIII TO B Pdf 1
** seconda proposta XXXIII TO B Pdf 2
** terza proposta XXXIII TO B Pdf 3
** da Orazionale CEI Pdf XXXIII TO OR CEI