Testi per celebrare

XXX Domenica del Tempo Ordinario C – 2025 –

XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – C

 

Fa’ che ci apriamo alla confidenza

nella tua misericordia

per essere giustificati nel tuo nome

 

 

  • Probabilmente a molti sarà capitato, almeno una volta nella vita, di ritenere che se tutti la pensassero come noi il mondo sarebbe migliore. Magari abbiamo anche avuto l’ardire di dare a Dio qualche suggerimento su come condurre il corso della storia e gli eventi che costellano la nostra esistenza. Spesso, poi, esprimiamo giudizi impietosi verso gli altri, senza nemmeno conoscere veramente cosa abita nel loro cuore. Gesù biasima tali atteggiamenti. Se davvero vogliamo presentarci al cospetto di Dio, dobbiamo farlo con l’umiltà di chi è perfettamente consapevole di avere bisogno di Dio e della sua misericordia.
  • Continua in questa Domenica l’insegnamento sulla preghiera iniziato due Domeniche fa’. Essa è palestra dell’esistenza, luogo delle relazioni con Dio e con i fratelli in cui la vita del discepolo assume la forma dell’amore. Se nella Domenica scorsa il focus era centrato sulla necessità di pregare sempre senza stancarsi, in questa l’attenzione è portata sulla sua qualità, sui suoi modi.
  • L’umile ricerca di Dio è la condizione per incontrarlo, per fare esperienza della sua salvezza e per gustare la gioia che questa produce in noi. Dio solo è santo. Se la ricerca del suo volto è ricerca di partecipare alla sua santità, non possiamo fare altro che accogliere la sua manifestazione. In Gesù egli si è già rivelato a noi, ha mostrato il suo volto. Non sono, dunque, i nostri meriti, le nostre prestazioni più o meno “religiose” che ci porteranno la salvezza, bensì la disponibilità umile ad accogliere nella nostra vita la sua grazia e la sua opera: il dono del suo Spirito ci proteggerà dall’ipocrisia che sempre ci minaccia.
  • Gli uomini partecipano tutti della stessa impotenza e sono solidali nello stesso stato di rottura con Dio: non possono salvarsi da sé stessi, non possono, cioè, entrare da soli nell’amicizia di Dio. Il primo atto di verità che l’uomo deve compiere è riconoscersi peccatore, impotente a salvarsi, e aprirsi, quindi, all’azione di Dio.
  • Nella parabola, che la Liturgia odierna ci consegna, ci sono due modi di concepire l’uomo e il suo rapporto con Dio. La preghiera del fariseo è un rendimento di grazie a Dio. Solo apparente, però. In realtà, è un pretesto per lodare sé stesso e non Dio, compiacersi di sé per la mancanza di ogni peccato e per il merito delle buone opere, in forza delle quali si ritiene giustificato ed “esige” da Dio la ricompensa. La preghiera del fariseo non è preghiera, anzi è l’opposto: «Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé…»; il “tra sé” spiega bene che la sua “preghiera” non va oltre la sua stessa persona. Il pubblicano, invece, è “nella verità”: è consapevole della sua colpa e di non avere meriti davanti a Dio. Chiede grazia. La sua è “vera preghiera”. Perciò, dietro i due personaggi della parabola, si può scorgere l’opposizione tra due tipi di giustizia: quella dell’uomo che ritiene di poterla realizzare col compimento perfetto della legge e quella che Dio concede al peccatore che si riconosce tale e che si converte, accogliendo così la sua misericordia. Il tema paolino della giustificazione mediante la fede si trova già delineato in questa parabola (v. Rm 3-8).
  • Il cristiano è un uomo realmente giustificato mediante la fede in Gesù Cristo, in colui che è ad un tempo il dono sostanziale del Padre e quell’uomo fra gli uomini che ha potuto costruire l’unica risposta umana gradita a Dio. E’ questo il motivo per cui la fede in Gesù salva. Infatti, Gesù inaugura nella sua persona il regno del Padre in cui si compie il destino dell’uomo. Per sé, come per i suoi fratelli, Gesù esige la rinuncia assoluta che implica la fedeltà alla condizione di creatura: la rinuncia è sino alla morte e, se necessario, sino alla morte in croce. E’ il salvatore del mondo che parla così. Come può quest’uomo che ha spinto sino alle ultime conseguenze la rivelazione della condizione umana proclamarsi nello stesso tempo il salvatore dell’umanità? A questa domanda non c’è che una risposta: veramente quest’uomo è il Figlio di Dio!!! Dio ha tanto amato il mondo da dare per esso il suo Figlio unico; e nello stesso tempo egli è uomo tra gli uomini; la sua fedeltà di creatura è, per identità, una fedeltà filiale. La risposta attiva di questo uomo raggiunge perfettamente l’iniziativa divina a salvezza.
  • L’unione a Cristo ci rende capaci della stessa “fedeltà filiale” fino alla croce. L’uomo è “giustificato” perché la fede in Cristo gli dà accesso al Padre in qualità di figli adottivi. La salvezza è dono divino, diventa nell’uomo sorgente di una attività filiale in cui si compie oltre ogni misura la fedeltà alla nuova legge dell’amore.
  • Paolo, l’araldo della giustificazione mediante la fede, è il grande testimone della vita nuova che sboccia dalla fede in Cristo. Ormai vecchio, in carcere, in attesa della condanna a morte, riflette sulla sua vita (Seconda Lettura). La sua esperienza di Cristo si conclude con un fallimento umano: tutti lo hanno abbandonato, nessuno in giudizio lo ha difeso. Ma egli ha “conservato la fede”, ha gareggiato per Cristo ed è rimasto fedele fino alla mèta. La sua speranza lo conduce alla certezza della “ricompensa” che riceverà da Cristo per la sua vita di dedizione e di amore sull’esempio di Gesù.
  • Oggi la sufficienza farisaica non è più l’osservanza di una legge, ma prende altri nomi. In molti c’è la convinzione che l’uomo possa salvarsi come uomo facendo appello unicamente alle sue risorse. L’uomo salva l’uomo mediante la scienza, la politica, l’arte… E’ perciò più che mai necessario che i cristiani annuncino al mondo Cristo come Salvatore. La salvezza che egli porta non è antagonista della salvezza umana. Anzi, la conduce a pienezza. Con la celebrazione dei Sacramenti, specie della Eucaristia, essi testimoniano la necessità dell’intervento divino sulla vita dell’uomo, si mettono sotto l’azione di Dio presente con il suo Spirito, e fanno l’esperienza privilegiata della giustificazione ottenuta mediante la fede in Gesù Cristo. Devono, perciò, essere continuamente vigilanti per non partecipare ai Sacramenti con spirito farisaico.
  • La Parola di questa Domenica ci suggerisce questo interrogativo: chi entra a far parte del Regno di Dio e chi se ne esclude? Ecco un interrogativo che ci viene posto continuamente, a partire dalla 28ª Domenica del Tempo Ordinario. E, a guidarci, è ancora e sempre la preghiera, che evidenzia il nostro rapporto con Dio. Appartiene al Regno chi sa rendere grazie (28ª Domenica, il lebbroso che torna indietro), chi prega senza stancarsi (29ª Domenica, la vedova e il giudice che non ha timor di Dio), e, oggi, chi ha un cuore di povero, chi non cerca di salvare sé stesso, ma si lascia salvare da Dio con un atteggiamento di fiducia e di umiltà.
  • Chi prega, cono­sce nella verità il suo essere povero e bisognoso, sa che la sua vita dipende da Dio in ogni momento ed egli si fida e si affida all’amore provvidente di Dio. Il Vangelo di oggi ci aiuta a rivedere il nostro atteggiamento nel­la preghiera. L’omileta potrà aiutare tutti anche ad interrogarsi su quanto e quale tempo noi cristiani diamo alla preghiera e con quale atteggiamento; il canto al Vangelo ce lo suggerisce: «Benedetto sei tu, Padre, Signore del cielo e della terra, perché ai piccoli hai rivelato i misteri del regno dei cieli». Le parrocchie gradatamente, obbedendo anche in questo al Concilio, debbo­no introdurre la preghiera del­le Ore, almeno Lodi e Vespri. I fedeli sono felici di imparare e, in questo modo, di cono­scere meglio la Bibbia, i Salmi, la Parola che Dio ci ha donato per parlare con lui ed impara­re i giusti atteggiamenti di lo­de, di rendimento di grazie, di supplica, personale e comuni­taria, il grido di dolore e di gioia che la preghiera della Chiesa mette sulle nostre labbra unendoci alla preghiera di Ge­sù e dello Spirito Santo.
  • I testi della liturgia non ci ingannano mai e sono la via più sicura e più bella di vivere Dio, incontrarlo ed essere fatti santi. Questa è la Liturgia della Chiesa! Pedagogia forte, che dona consistenza e concretezza alla nostra adesione di fede. Gesù non è un’astrazione, insegnava Papa Francesco, egli è concreto come l’amore di Dio. La Liturgia ci insegna non un’osservanza delle norme fine a sé stessa ma ci trasforma e ci forma interiormente.
  • Qual è, dunque, il percorso che ci invitano a compiere le letture? «La preghiera del povero arriva fino alle nubi»: è questa l’affermazione che troviamo nel “piccolo catechismo” di Ben Sirah (l’autore del Siracide). L’Altissimo si lascia raggiungere dai poveri che lo supplicano perché si impegna a difendere i diritti degli oppressi (Prima Lettura); «Il povero grida e il Signore lo ascolta»: il salmista pensa che il giusto ha i connotati del povero, che non si gloria di ciò che ha o di ciò che è, ma ripone ogni sua fiducia nel Signore (Salmo responsoriale); il pubblicano non è, senz’altro, un modello per il suo comportamento. Ma la sua preghiera confessa il bisogno di essere salvato e, quindi, può accogliere la grazia di Dio (Vangelo); il testamento autobiografico di Paolo è anche una splendida confessione di fede: «Il Signore mi è stato vicino… il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno» (Seconda Lettura).
  • L’atto penitenziale assume oggi un significato particolare. Gli atteggiamenti del pubblicano non dovrebbero essere quelli che contraddistinguono ogni cristiano? Ecco perché si potrebbe proporre la recita del “Confesso”, solitamente accompagnata dal gesto di battersi il petto, un modo eloquente per esprimere il bisogno di conversione, il pentimento per il male commesso. Si potrebbe valorizzare, inoltre, la richiesta di perdono cantando l’invocazione Signore, pietà, ovvero le parole del pubblicano che prega, secondo il racconto del vangelo secondo Luca che è proclamato nella Liturgia della Parola.
  • Anche il gesto della Comunione — il tendere la mano come un povero che attende il Dono di Dio — gode di una particolare consonanza con il Vangelo. Nessuno di noi “si merita” il Corpo di Cristo e, allo stesso tempo, non può vivere senza! Tutti, al contrario, vengono con le mani vuote perché Dio le possa colmare.
  • Un incontro di catechesi che precede o segue la Liturgia odierna può aiutarci a mettere in discussione lo stile della nostra preghiera.

 

TESTI E MATERIALI

 

RITI DI INTRODUZIONE E DI CONCLUSIONE

** Suggerimenti Suggerimenti XXX TO C

** Riti di Introduzione con Atto penitenziale XXX TO C Riti introduzione

** Riti di conclusione XXX TO C Riti di conclusione

SALMO RESPONSORIALE

** prima proposta, da Psallite

partitura Salmo XXX TO C da ULN

audio

** seconda proposta, da Lodate Dio Salmo XXX TO C da LD

** terza proposta, dal m° Impagliatelli

partitura Salmo XXX TO C Impagliatelli

audio

 

PREGHIERA DEI FEDELI

** prima proposta XXX TO C Pdf 1

** seconda proposta XXX TO C Pdf 2

** terza proposta  XXX TO C Pdf 2

** da Orazionale CEI Pdf XXX OR CEI