Testi per celebrare

V Domenica del Tempo Ordinario C – 2025 –

V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – C

 

Come discepoli seguiamo Gesù

 

 

  • Nella prospettiva cristiana la fede si configura non come un’adesione intellettuale a una dottrina, ma come un itinerario di sequela: il cristiano non smette mai di essere discepolo dell’unico maestro, Cristo. È lui che chiama a sé e si propone come la via che disvela il senso pieno della verità e introduce alla vita eterna.
  • La Liturgia odierna ci presenta il tema della vocazione, dell’irruzione di Dio nella vita dell’uomo. Il quadro della chiamata di Isaia (Pri­ma Lettura) è posto come introduzione al contesto più umile nel quale av­verrà l’incontro di Simone e dei suoi due compagni con Cristo. Nel brano evangelico il trono celeste lascerà il posto all’attività quotidiana di un gruppo di pescatori sulle rive di un lago e la gloria inesprimibile di Dio sarà nascosta dal volto umano di Gesù. La narrazione dei due incontri of­fre la stessa sequenza: rivelazione di Dio, reazione umana che riconosce la propria inadeguatezza, invito a “non temere” da parte di Dio, missione.
  • Le tre Letture di questa Domenica propongono un identico concetto di vocazione. Isaia ha visto la gloria di Dio prima di essere inviato in missione; gli apostoli hanno dovuto vedere il corpo del Cristo risuscitato prima di percorrere il mondo. I primi chiamati, impressionati dalla pesca miracolosa, hanno abbandonato le reti per diventare pescatori di uomini.
  • La vocazione di Isaia è davvero tipica. Dio si rivela come il “Santo”, cioè il “totalmente diverso”. Di fronte a lui l’uomo prende coscienza di essere “peccatore” (anche Pietro, di fronte alla rivelazione di Gesù nella pesca miracolosa, dice a Cristo: «Allontànati da me, perché sono un peccatore», Lc 5,8). Contemporaneamente sente la “chiamata” ad annunciare a tutti gli uomini la santità di Dio e la sua gloria universale. Ma ciò vuol dire predicare ad essi la conversione per conformarsi alla santità di Dio ed al suo disegno universalista.
  • Nel Nuovo Testamento è ancora Dio che si rivela e che chiama; ma questa “chiamata” divina prende corpo nelle chiamate ripetute che Gesù di Nazareth rivolge agli uomini durante la vita terrena (Vangelo) e poi come Risorto (v. Gv 21). In bocca a Gesù, la chiamata assume il vero significato: Gesù chiama al suo seguito. E’ lui l’iniziatore del Regno. E’ in lui che gli uomini accedono alla condizione filiale e che sono liberati dal peccato. E’ in lui che gli uomini diventano collaboratori di Dio nel compimento della salvezza. E’ attorno a lui, come pietra angolare, che si organizza la riuscita dell’avventura umana. Perciò più che mai la chiamata divina è legata ad una missione. Ma ogni missione affidata da Dio è collegata con la missione personale di Gesù e trova il suo vero senso solo in essa.
  • Fin dall’inizio, le prime Comunità cristiane si chiamarono “Chiese”. II termine greco ekklesia vuol dire “adunanza, assemblea” di persone convocate, chiamate. Secondo Paolo, i discepoli del Signore devono avere la convinzione di essere stati chiamati da Dio in Gesù Cristo. Chiamati per un servizio, un compito da svolgere nella edificazione del Regno; ed è il riconoscimento da parte dell’assemblea che costituisce il criterio privilegiato per il discernimento di questa chiamata. I compiti sono diversi, ma “chi” chiama e il fine per cui chiama è unico. Tra la chiamata di Dio e la missione c’è in mezzo la libera rispo­sta dell’uomo. La chiamata è una libera proposta di Dio fatta a un uomo libero. Nella Chiesa la rivelazione, la chiamata e la missione non sono privilegio di alcuni, ma un dono fatto a tutti. Così la missione non è rivolta solo ad alcuni uomini, ma a tutti.
  • La “santità” di Dio, di cui parla Isaia nella Prima Lettura e il nucleo centrale del Vangelo — Cristo crocifisso e risorto — di cui parla san Paolo nella Seconda Lettura richiamano alcuni grandi temi della fede che hanno un preciso riscontro nel rito della Messa. Si può provare, quindi, a mettere in rilievo alcuni elementi della Liturgia, prima di tutto con una puntuale e accurata esecuzione: il saluto iniziale è il primo elemento che ci porta a sottolineare il mistero della presenza di Dio che si attua quando “due o più” sono riuniti nel nome del Signore. Questo saluto con parole bibliche ci ricorda da subito che siamo al cospetto di Colui che ci raduna. Pertanto, si eviti di iniziare la Celebrazione con saluti tipo: “buongiorno”, “benvenuti”, ecc. che sanno di un “incontro tra amici” e non di “mistero”, quale è l’Eucaristia!!!
  • L’atto penitenziale ci aiuta a fare l’esperienza di Isaia e di Pietro, che di fronte alla sublime grandezza e santità di Dio, non possono fare a meno di “confessare” la propria fragilità, il proprio peccato, il non essere degni di stare alla presenza di Dio.
  • L’acclamazione del “Santo”, con la quale, al termine del Prefazio, riprendiamo proprio le parole dei serafini per introdurci nel centro della Preghiera Eucaristica, non sia uno strombazzamento, una manifestazione chiassosa, come capita in qualche Comunità! Il genere acclamatorio di questo elemento impone uno stile di esecuzione solenne, maestoso.
  • L’anamnesi ci fa affermare con forza (anche questa è un’acclamazione) la salvezza operata da Gesù con la sua morte e risurrezione, nell’attesa della sua venuta. E’ il nucleo fondamentale della nostra fede che ci è stato trasmesso dagli apostoli.
  • Il congedo, alla fine della Messa, (evitando la solita sfilza di avvisi, che va’ troppo per le lunghe, quasi fosse un’altra omelia, di cui la gente non ricorda nulla!!! Meglio preparare un foglietto da distribuire!) esprime l’intento di mandarci subito in missione, rispondendo così alla chiamata della fede che ci invia sulle strade della vita per annunciare ciò che si è celebrato.
  • Infine, il silenzio, un ingrediente ancora troppo trascurato nelle nostre celebrazioni, spesso un po’ nevroticamente frettolose. Tra i tanti motivi per curare di più gli spazi di silenzio c’è proprio quello di aprire in noi degli spazi di infinito, di darci maggiori opportunità di metterci alla presenza di Dio, il tre volte “Santo”.
  • La Liturgia odierna ci prepara bene alla XXX Giornata mondiale del Malato che celebreremo Martedì prossimo, 11 Febbraio, nella memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes. In prossimità di questa giornata, la Comunità si ritrovi per un momento di riflessione sulla malattia e la sofferenza, alla luce del messaggio del Santo Padre Francesco per la giornata odierna (che magari sarà consegnato ai fedeli) e della lettera apostolica “Salvifici doloris” del Papa San Giovanni Paolo II. Si potrebbe anche programmare uno spazio di preghiera per gli ammalati (Adorazione Eucaristica, Preghiera del S. Rosario, ecc.). Non è necessario “organizzare mega-raduni” di ammalati per amministrare in maniera “massiccia” il Sacramento dell’unzione dove gli stessi ammalati non sono visitati e curati pastoralmente con frequenza ordinaria dal Presbitero/Parroco, anche attraverso la Comunione eucaristica recata dai ministri straordinari nel Giorno del Signore, ogni Domenica!!!

TESTI E MATERIALI

RITI DI INTRODUZIONE E DI CONCLUSIONE

** Suggerimenti Suggerimenti V TO C

** Riti di Introduzione con Atto penitenziale V TO C Riti introduzione

** Riti di conclusione V TO C Riti conclusione

SALMO RESPONSORIALE

** prima proposta, da Psallite

partitura Salmo V TO C Psallite

audio

** seconda proposta, da Lodate Dio Salmo V Tempo Ordinario C LD

** terza proposta, dal m° Impagliatelli

partitura Salmo V TO C Impagliatelli

audio

 

PREGHIERA DEI FEDELI

** prima proposta V TO C Pdf 1

** seconda proposta V TO C PDf 2

** terza proposta

** da Orazionale CEI Pdf V TO OR CEI