XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – C
Salvaci dalla cupidigia delle ricchezze
- Occorre decidersi per il Regno di Dio, perché la fede ci impedisce di tenere il piede in due scarpe. Possiamo chiedere a Dio che abbia pietà della nostra condizione umana, dei nostri limiti, ma siamo anche chiamati a scegliere in quale campo vogliamo giocare la vita. Dobbiamo chiedergli che ci salvi dalla cupidigia delle ricchezze, poiché la forma di schiavitù a cui esse ci possono portare ci allontana dalla giustizia del Regno di Dio.
- La parabola contenuta nella pericope evangelica odierna ha come protagonista un amministratore furbo e disonesto. Molti rimangono sgomenti dinanzi a questa parabola, chiedendosi se era proprio necessario ricorrere ad un esempio così meschino e imbarazzante. Eppure, già la Prima Lettura ricorda a ciascuno di noi che non viviamo in un mondo idilliaco, ma dobbiamo quotidianamente fare i conti con l’egoismo e le fragilità degli uomini, in mezzo ai quali siamo invitati a dare la nostra buona testimonianza di fede. Gesù evidentemente non loda la disonestà dell’amministratore, ma la sua perspicacia. È come se dicesse: i figli di questo mondo – cioè coloro che non credono in Dio – si preoccupano per il loro domani mondano; perché voi non vi preoccupate con altrettanta serietà del domani che vi vedrà al cospetto di Dio? Perché i credenti spesso non pongono in atto le medesime strategie e astuzie per custodire e salvare la propria vita “eterna”? Domande forti, che interpellano le generazioni di cristiani di ieri e di oggi, poiché tutti siamo tentati di fare affidamento sulla ricchezza, sul denaro e su tutto ciò che apparentemente sembra dare sicurezza, ma in realtà non è in grado di soddisfare la sete di eternità che ci portiamo dentro. Gesù, dunque, scuote le nostre coscienze, troppo spesso intorpidite e assuefatte ad uno stile di vita che di cristiano ha ben poco. San Paolo ci ricorda nella Seconda Lettura che, per mantenere alto il nostro tenore di vita, dobbiamo pregare incessantemente, non solo per i nostri interessi, ma anche per il mondo in cui viviamo, perché tutti possano condurre «una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio». Del resto, se non c’è pace e se la dignità degli uomini non è rispettata, difficilmente il Vangelo potrà essere vissuto e annunciato agli uomini e alle donne di ogni tempo e di ogni luogo.
- Il mondo viene comunemente diviso tra ricchi e poveri. La contestazione, la lotta di classe sembra basata sul principio che non c’è possibilità di accordo se non con l’eliminazione di una delle due parti. L’annuncio del regno di Dio, del suo amore che salva, viene fatto in un mondo diviso tra ricchi e poveri. E’ un annuncio che sconvolgendo l’intimo dell’uomo, sconvolge anche un certo tipo di ordine sociale.
- L’amicizia che il ricco deve costruire non è frutto del suo buon cuore, ma esigenza e dovere che gli deriva da ciò che possiede. Ciò che egli dona non deve avere l’aspetto di un’elemosina. Il povero nella Comunità cristiana ha dei diritti che vanno soddisfatti. Il ricco deve sentirsi più un attento amministratore dei beni che un proprietario. «Non sei forse un ladro, afferma san Basilio, tu che delle ricchezze di cui hai ricevuto la gestione, ne fai cosa tua propria?… All’affamato appartiene il pane che tu conservi, all’uomo nudo il mantello che tieni nel baule, a chi va scalzo le scarpe che marciscono a casa tua, al bisognoso il denaro che tu tieni nascosto. Così tu commetti tante ingiustizie quanta è la gente cui potevi donare». Continua sant’Ambrogio: «E’ giusto perciò che, se rivendichi qualche cosa come privata di ciò che è stato dato in comune (la terra) al genere umano e persino a tutti gli animali, almeno tu ne distribuisca qualcosa ai poveri: sono partecipi del tuo diritto, non negare loro gli alimenti». Ciò che i Padri predicano riferendosi a casi della propria Chiesa ora investe popoli, nazioni, milioni di persone. Nazioni o gruppi multinazionali esercitano il controllo sulla ricchezza con una libertà indiscussa, continuano a fare della ricchezza la fonte della divisione e ad approfittare di queste divisioni per il loro dominio economico. I capitali si spostano da un paese all’altro dove migliore può essere l’incentivo al guadagno. Milioni di lavoratori rurali non hanno né diritto né possibilità di accedere a terre che pure sono loro, mentre grandi proprietari tengono incolte le loro terre in vista di un migliore sfruttamento o di una più grande sorgente di guadagno.
- Tutti e due gli appelli possono essere capiti e accolti solo dall’uomo nuovo rinato da Dio, che riscopre il vero valore delle cose. Senza la conversione del cuore, le ricchezze nelle mani dell’uomo diventano ricchezze d’iniquità, sia nell’atto del possesso che nell’atto del dare. La donazione fatta per tacitare la coscienza e non per amicizia, non è vera donazione. Ogni decisione che non termini all’amore è sbagliata alla radice. Il farsi amici significa cercare nell’uso dei beni una realizzazione orizzontale, tra fratelli, e non verticale, dall’alto in basso. «Il denaro, simbolo delle cose, è strumento di divisione e di lotta; deve diventare strumento di comunione tra le persone, di amicizia, di uguaglianza, anziché veicolo di guerra e di discriminazione. Questo esige una comunità nella produzione, nella distribuzione, nel consumo. Ora la povertà di quelli che hanno dei beni e che non possono e non debbono spogliarsene, consiste nell’usarne per creare amicizia e comunicare tra gli uomini. Questo “fatevi amici” deve essere ripensato nel tempo e rinnovato continuamente nel contenuto» (A. Paoli).
- Dobbiamo riconoscere che se Dio ha un temibile antagonista, questo è il denaro. Il luccichio e il fascino della ricchezza hanno il seducente potere di rendere nemici anche coloro che ci amano di più e che ci hanno amato di più. Occorre talvolta uno sforzo disumano per liberarci dalla prigione delle cose, quando cessano di essere al nostro servizio e si rendono padrone della nostra vita, imponendoci il giogo della più temibile schiavitù. Abbiamo bisogno di fare veramente tesoro della Parola del Signore per mantenere, o per ritrovare, la nostra libertà, se l’avessimo perduta.
- Per la Liturgia odierna si raccomanda, come sempre, l’attenzione a canti opportuni: quelli il cui testo è tratto da Salmi penitenziali o ne rielabora le parole possono essere particolarmente indicati per esprimere la dimensione penitenziale, ovvero lo spirito di conversione a proposito dell’uso del denaro e delle ricchezze.
- La croce o una icona di Cristo, collocate in una semplice scenografia ad hoc (un “deserto di tentazione”), possono mettere in evidenza l’autentico antagonista ai beni di questo mondo, soprattutto quando sono acquistati iniquamente.
- In questa celebrazione si potrebbe proporre alla comunità una iniziativa di carità raccogliendo le offerte al momento della presentazione dei doni o invitando a porre un gesto di carità o di rinuncia nel corso della settimana per fare memoria dell’invito di Gesù a farsi amici nelle dimore eterne. Potrebbe essere una speciale colletta destinata a una precisa opera di solidarietà (per esempio: fondi contro l’usura o in favore di situazioni particolarmente bisognose); nulla vieta che la Parola di questa Domenica si riveli lo stimolo e l’occasione opportuna per affrontare tali argomenti con un dibattito extra-liturgico.
TESTI E MATERIALI
RITI DI INTRODUZIONE E DI CONCLUSIONE
** Riti di Introduzione con Atto penitenziale XXV TO C Riti introduzione
** Riti di conclusione: XXV TO C Riti di conclusione
SALMO RESPONSORIALE
** prima proposta, da Psallite
partitura Salmo XXV TO C Psallite
audio
** seconda proposta, da Lodate Dio Salmo XXV TO C LD
** terza proposta, dal m° Impagliatelli
partitura Salmo XXV TO C Impagliatelli
audio
PREGHIERA DEI FEDELI
** prima proposta XXV TO C Pdf 1
** seconda proposta XXV TO C Pdf 2
** terza proposta XXV TO C Pdf 3
** da Orazionale CEI Pdf XXV TO OR CEI